Finora ho cercato di tenermi fuori dal discorso Afghanistan. Non che non mi interessi, anzi, a dire il vero fatico a trovare parole in grado di esprimere quello che provo.
Negli ultimi 50 anni sono successe talmente tante cose in quell’angolo di mondo, si potrebbe parlarne per mesi.
Dalla “caduta dell’occidentalizzazione” al (nuovo) trionfo dei talebani.
Se dovessi fare un paragone “europeo”, credo che la più vicina sia l’Inghilterra dei Tudor, oggi cattolici, domani anglicani, poi di nuovo cattolici... unica opzione il rogo.
Premetto di non essere un esperta in materia, a eccezione di un qualche libro e un po’ di ricerche su personaggi come Suraya Sadeed, Malala Yousafzai (anche se è pachistana) e una compagna di scuola all’estero, fuggita con suo marito (attivo a livello politico ma dalla parte sbagliata) alla fine degli anni ’90.
Ma adesso arrivo al dunque. E sì, sono un po’ fissata…
Stamattina sono capitata su “Afghanistan: talebani, Cina può avere ruolo su ricostruzione”. Secondo Suhail Shaheen, portavoce degli studenti coranici, “la Cina è un grande Paese con un’enorme economia e capacità e penso che possa giocare un ruolo molto grande nella ricostruzione e nel recupero dell’Afghanistan. Possono avere quel ruolo”.
La cosa mi ha incuriosito, ho fatto 2 ricerche e su Bloomberg ho trovato il seguente articolo:
La Cina non si precipiterà in Afghanistan, nè per riempire il vuoto politico e di sicurezza lasciato dagli Stati Uniti , né per espandere il progetto Belt and Road a cui punta il presidente Xi Jinping.
Per quanto decisiva possa sembrare la vittoria dei talebani in questo momento, il paese è troppo fragile perché Pechino possa contemplare qualcosa più di un pragmatico impegno diplomatico attraverso un gruppo che ha speso decenni a cercare una collaborazione. Anche se la promessa di relazioni economiche rafforzate di fronte al movimento islamista insurrezionale, che cerca di cementare le relazioni regionali chiave, la probabilità che qualsiasi progetto infrastrutturale si concretizzi a breve termine è assai remota.
L'Afghanistan ha vasti giacimenti minerari, tra cui rame, carbone, minerale di ferro, litio e uranio, oltre a petrolio e gas. Ma anche se le aziende cinesi (e le compagnie minerarie in generale) hanno una tolleranza al rischio superiore alla media, poche hanno preso la decisione di entrare nel mercato di una nazione devastata dalla guerra.
Secondo Andrew Small, membro del German Marshall Fund e autore di The China-Pakistan Axis; Pechino vede l'Afghanistan come una nazione ad altissimo rischio e il desiderio di trasformarlo in un'opportunità di qualsiasi tipo passa in secondo piano.
Small segue da anni le relazioni tra Cina, Islamabad e Kabul. Dice che Pechino è più preoccupata per la stabilità regionale e che nuove insurrezioni terroristiche si riversino nella sua provincia dello Xinjiang.
Si, perchè:
“Dal 2014, la Repubblica Popolare Cinese ha perseguito una politica che ha portato oltre un milione di musulmani (la maggioranza dei quali uiguri) ad essere detenuti in campi di rieducazione senza procedimento legale in quella che è ritenuta da alcuni come la più grande detenzione di minoranze etniche e religiose dalla seconda guerra mondiale. I critici di queste politiche le hanno descritte come la sinizzazione dello Xinjiang e definite un etnocidio o genocidio culturale, mentre i parlamenti di Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Belgio, Lituania, svariati attivisti, ONG indipendenti, esperti di diritti umani, accademici, funzionari governativi ed il governo in esilio del Turkestan orientale lo hanno riconosciuto come un genocidio.”
E qua arrivo a quel fatidico punto in cui mi vien voglia di sbattere la testolina contro il muro…
Massud è un nome pesante, è il nome di un mito, di un leggendario comandante afghano che sconfisse i Sovietici e si oppose fino all'ultimo all'avanzata dei Talebani, fino al giorno in cui due killer suicidi di Al Qaeda lo assassinarono con una bomba nascosta in una telecamera, era il 9 settembre 2001, due giorni prima dell'attacco alle torri gemelle. Oggi questo nome torna a riportare un soffio di speranza in Afghanistan. Ahmad Massud, il figlio del famoso comandante, sta organizzando nella valle del Panshir la resistenza contro i Talebani. Già nella valle sono tornate a sventolare le bandiere dell'alleanza del Nord, l'unica fazione afghana moderata, democratica e filo-occidentale del periodo post sovietico. Sono già migliaia gli uomini che si…
Afghanistan é peggio di Srebrenica ! Ma facendo anche un pò di sarcasmo é pazzesco che i talebani islamisti non siano rimasti decimati dal (tanto pericoloso?) Corona. Salta all‘occhio o no specie se in quelle lande disgraziate hanno ben altri problemi che l‘igiene.
Aggiungo una riflessione personale al già esposto. I talebani sono ora gli afgani. L'oppio è l'oro nero afgano. A qualcuno va bene che sia illegale, potremo ritirarlo in blocco per uso farmaceutico. Tutto il resto, lo dico con un rassegnato dispiacere, è il contorno.
Questa è una partita a Risiko che dura davvero da troppo tempo....
Si gioca con la vita di innocenti...
Non so se voi ci avete fatto caso ma negli ultimi 4 anni ho incontrato diverse facce nuove qui nei dintorni: quasi tutti (i tratti somatici sono abbastanza evidenti) della minoranza etnica Hazara (forse i discendenti dei combattenti mongoli di Gengis Khan quindi facilmente riconoscibili perché hanno tratti orientali marcati)...
Beh io mi sono presa il tempo di chiedere da dove arrivassero ecc: c'è chi arriva direttamente dall'Afghanistan e chi già si trovava in Pakistan ma è stato costretto a fuggire anche da lì!!
Famiglie con bambini piccoli che hanno viaggiato a piedi per più di un'anno passando di nascosto per…
Strategicamente non ha mai avuto senso per gli Stati Uniti stare in Afganistan a parte questa vaga idea di voler combattere il terrorismo internazionale. Gli americani non avevano più voglia di tener insieme il paese facendo così il favore ai suoi più due grandi nemici. La destabilitazione dell Afganistan infatti crea grattacapi a Cina e Russia le potenze della regione.