LUCE Svizzera, OMBRE ticinesi
- Cassius

- 23 ott
- Tempo di lettura: 4 min
LUCE svizzera, OMBRE ticinesi
Di questi tempi, in Svizzera si fa sempre più largo il dibattito sulla liberalizzazione del mercato elettrico.
Le speranze sono di ottenere finalmente trasparenza, concorrenza e prezzi più equi.
Poi c’è il Ticino, dove la bolletta continua a lievitare e le nostre aziende del settore sembrano preferire il buio su questo dibattito.
Scrivo questi pensieri tornando a casa stasera, dopo aver sentito alla radio RSI La 1 che AET ed Enerti si sarebbero rifiutate di commentare questa nuova realtà, fornendo una risposta spiazzante: semplicemente, nessuna dichiarazione.
Riassumendo l’esposizione della nostra radio:
Il Ticino paga più della media;
la seconda fase della liberalizzazione è in “pista”;
AET ed Enerti non rilasciano dichiarazioni.
Già questo è un pessimo segnale: se si rifiutano di commentare un cambiamento così importante nel loro campo – il mercato elettrico e i suoi prezzi – qualcosa non torna.
In Ticino, rispetto alla maggior parte della Svizzera, vige un monopolio e una sudditanza politica locale.
Le aziende distributrici sono in gran parte a partecipazione pubblica o comunque integrate con il Cantone o i Comuni.
Questo non è esattamente un mercato libero.
E ricordiamoci: quando pubblico e privato danzano insieme, chi paga l’orchestra è sempre il consumatore finale.
La trasparenza in Ticino è storicamente limitata.
Ogni distributore ottiene prezzi differenti dagli altri: si tratta di “simpatie e antipatie”?
Quando manca la trasparenza e le aziende rifiutano di commentare su un tema così importante, come può il cittadino capire la “catena dei costi”?
I dati mostrano che le tariffe variano sensibilmente anche nel resto della Svizzera.
Se fossimo in una “lotteria dell’elettricità”, i vincitori sarebbero quelli che si trovano nell’area del distributore locale “amico del sistema”.
Le differenze di prezzo dipendono anche dal timing con cui i distributori accettano le condizioni proposte da AET: ma queste scelte derivano da analisi di mercato o da decisioni politiche? Anche qui, la trasparenza latita.
In un contesto realmente competitivo, gli operatori dovrebbero abbassare i prezzi per conquistare clienti, aumentare il volume delle forniture e rafforzare la propria posizione contrattuale.
Da noi, invece, questa dinamica non esiste.
La paura di perdere fette di mercato paralizza tutto.
Le aziende distributrici non commentano, e io mi chiedo: dov’è la vera competizione?
Con il sistema attuale si adagiano sugli allori del loro monopolio: il massimo che riescono a dire alle famiglie è di “limitare l’uso della corrente elettrica” per contenere i costi per MWh imposti.
L’immobilismo regna, e le economie domestiche – con potere contrattuale uguale a zero, se non meno – passano alla cassa ogni fine trimestre quando arriva la bolletta.
La liberalizzazione proclamata sarà effettiva?
Mi preme attirare l’attenzione sul fatto che la “seconda fase” è ancora in discussione, e che i risultati della prima non sono stati strepitosi.
I prezzi aumentano da anni, e la concorrenzialità tanto invocata non ha frenato nulla.
Attualmente si pagano i prezzi decisi dal proprio distributore, e se questo ha lavorato male, poco importa: decide comunque lui il prezzo finale.
Quali vincoli sono imposti ai distributori? Siamo certi che derivino solo dal mercato?
Dati concreti
In Ticino i prezzi sono più alti, ma si aumentano con delicatezza.
Dal 2011 al 2026, la tariffa media per il profilo domestico H4 è passata da circa 19,7 a 25,1 centesimi/kWh, un aumento del 27,8 %.
Nello stesso periodo, la media svizzera è cresciuta da 20,6 a 27,8 centesimi/kWh, con un balzo del 35,1 %.
Insomma, in Ticino si parte già in cima alla montagna, ma ci si consola dicendo che si sale più lentamente.
È come se qualcuno ci dicesse: “Paghi più degli altri, ma guarda che ti aumento con garbo.”
Questo divario racconta bene il modello ticinese: un monopolio educato, che si vanta di rincarare meno della media pur mantenendo tariffe strutturalmente più elevate.
La versione energetica del “caro ma gentile”.
Le tariffe e i costi di rete
Quale reale ruolo hanno le energie rinnovabili e la produzione propria?
Se un’azienda locale ha parte della produzione in proprio, dovrebbe acquistarla a prezzo interno, riversando i risparmi sulla tariffa di rete.
Invece cosa fa? La vende ad AET, che poi raccoglie da tutti e ridistribuisce con bandi trasparenti solo di facciata.
Altro motivo di scontento: lo stato della rete.
I distributori che hanno aspettato troppo a investire si ritrovano oggi con infrastrutture vetuste, inefficienze e costi di sostituzione che scaricano sui consumatori.
E gli utili degli anni passati? Dove sono finiti?
Difficile credere che nessuna azienda abbia mai generato riserve.
Forse i bilanci “in rosso” servono solo a giustificare politiche di prezzo penalizzanti.
Confronto con altre regioni e cantoni
Forse gli altri cantoni hanno costi di rete inferiori perché dispongono di bacini di utenza maggiori.
O perché hanno investito in modo continuativo.
O, più probabilmente, perché le grandi imprese elettriche svizzere si sono staccate dalla proprietà pubblica diventando vere multinazionali.
Forse avevano capito che il nucleare, gestito bene e con investimenti in sicurezza, li avrebbe ripagati ampiamente.
Rischio dell’evoluzione futura
Se i distributori e fornitori locali ticinesi non preparano il terreno per la concorrenza, il consumatore finale resterà prigioniero delle tariffe elevate.
Quali barriere amministrative e pratiche ci imporranno?
Se non digitalizzeranno i processi – misurazione dei consumi, fatturazione, contratti – il cambio sarà lento e scoraggiante.
Il consumatore che vorrà passare a fornitori esterni non potrà farlo facilmente, restando legato a doppio filo alla propria azienda municipale.
E i contratti? Quanto saranno trasparenti e quanto bloccanti?
Penali, vincoli, durate lunghe: la liberalizzazione rischia di essere solo teorica.
Quando il mercato sarà davvero libero – e anche le famiglie potranno scegliere – non tutti partiranno dallo stesso punto.
Il pericolo maggiore sarà quello dei clienti fossilizzati al modello precedente, abituati a non scegliere e ad accettare tariffe opache.
Un fattore tipicamente ticinese è la dipendenza psicologica e informativa: spesso mancano la competenza e il coraggio di mettersi al tavolo, informarsi e difendere il proprio interesse.
E quando arriverà il momento di scegliere, il sistema – quello stesso sistema tanto “vicino al cittadino” – volterà le spalle a chi non si è mai ribellato.
Infine, la scarsa attrattività del mercato ticinese per i produttori svizzeri completerà il quadro: piccolo, chiuso e frammentato.
E così, quando il mercato sarà libero, il Ticino lo sarà soltanto sulla carta.



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